6 ottobre 2009

Un piano perfetto

Racconto selezionato tra i testi vincitori e degni di pubblicazione nell'antologia Sex in Noir, organizzata da My Secret Diary


DATO IL CONTENUTO UN PO' ZOZZO (UN PO' TANTO, MA COSA VOLETE, QUESTO CHIEDEVA IL CONCORSO...) HO L'OBBLIGO DI SCONSIGLIARE LA LETTURA AI MINORI DI 18 ANNI. PUR SAPENDO CHE AVENDOLO DETTO OTTERO' L'EFFETTO OPPOSTO!!

La luce dell’abatjour è un alone debole nel buio della camera. La sveglia segna le due. Io leggo e aspetto.
La parte sinistra del letto è ancora intatta; so dov’è lei e cosa sta facendo.
Il killer e la puttana. Storia vecchia, già vista in troppi film. Però l’amore non guarda in faccia a nessuno, né tanto meno s’interessa di come uno faccia a tirare la fine del mese.
La verità è che lei è stata il mio primo fallimento, la prima volta in cui ho abbassato il braccio e la mano non se l’è sentita di sparare.
Sarà stato il taglio dei suoi occhi, umidi e profondi, in grado di cambiare le carte in tavola e far e sentire me disarmato e lei pronta a colpire basso. Saranno state le labbra, con quel filo di rossetto e la certezza che vederle sorridere poteva essere uno spettacolo incantevole. Sarà stato per quello che mi disse, dandomi la schiena: «Avanti, fai quello che devi fare, ma spicciati». O forse, più semplicemente, perché quell’albanese del suo pappone mi è sempre stato sul cazzo, dalla prima volta. E la pallottola destinata a lei se l’era presa lui. Senza rancore.
Ecco, a ben guardare c’è una differenza, tra noi e le storie da film. Quella sera, il killer e la ragazza non finirono a letto. E nemmeno quella dopo, e quella dopo ancora.
Con me si fece scoprire piano, poco per volta, come una troia prudente. E anche per questo l’ho amata.
Con la scusa di guardarle le spalle la seguivo da lontano, la vedevo salire le scale del suo appartamento con il cliente di turno. La aspettavo al bar di fronte, lei arrivava, si sedeva come se niente fosse e ordinava sempre un the freddo alla pesca. Parlavamo, incuriositi l’uno dell’altra, fino a quando non riceveva un’altra telefonata. Allora si alzava, mi dava un bacio e si allontanava in silenzio, lasciandomi lì solo, davanti alla mia birra. Con l’inizio di una gelosia bruciante che si faceva largo a spallate.
Per qualche tempo la convinsi a smettere e si trasferì da me, in via Broletto. Già, come la canzone.
Si divertiva a svegliarmi col profumo di caffè e la colazione preparata su vassoi colorati. Girava per casa con una mia camicia che le arrivava sopra alle ginocchia. Piantava quel suo sguardo nei miei occhi, afferrava i lembi della camicia e piano, lentamente, li alzava per farmi vedere quanto detestasse la biancheria intima.
Non aveva mai avuto qualcuno che s’interessasse a lei, almeno per cose che non riguardassero questioni di letto. Pensavo di averle dato un’altra possibilità.
Ma le persone non cambiano. Alcune ci provano, ma dentro portano sempre quell’istinto, quel modo di comportarsi con il quale sono nati e cresciuti. Basta poco, per ritornare sui vecchi passi.
Anche per lei fu così.
Leggo, ma le parole del libro si accavallano una dopo l’altra, senza senso. Quando si fa una cosa bisogna essere concentrati, non avere altri pensieri per la testa. E per me è una battaglia persa.
Me la immagino. E’ lei che guida il gioco. L’avrà fatto sedere sul bordo del letto, gli avrà allargato il nodo della cravatta e slacciato un paio di bottoni della camicia. Per poi lasciarlo così, in attesa. La vedo allontanarsi di qualche passo, legarsi i capelli, passare la lingua sulle labbra e voltarsi di colpo, a mostragli il culo, stretto nei fuseaux; prima di sparire in bagno.
Rimane qualche minuto nascosta di là, giusto per bruciarlo nell’attesa, per fargli tornare l’uccello a riposo dopo l’erezione iniziale.
Poi si ripresenta, nuda dalla vita in su; e gli si avvicina, a passo deciso. Con una mano sul petto lo spinge sulle lenzuola, finisce di slacciargli la camicia, e segue il disegno dei pettorali e degli addominali. Arriva alla cintura, la slaccia in fretta insieme al bottone e abbassa la zip. Gli libera il cazzo dai boxer e, guardandolo negli occhi, avvicina la lingua alla cappella. Lui le mette le mani sulla testa e la guida, su e giù, lentamente, accompagnato da piccoli gemiti. Lei lo porta al limite. Quando lo sente allontanarsi, si ferma e si sdraia accanto a lui. Gli prende la mano e se la mette tra le gambe, sopra ai pantaloni. Lui si rende conto che è nuda e le sfila di colpo i fuseaux. Si spoglia anche lui e inizia ad accarezzarla. Con il dito medio gioca con il clitoride, in senso orario, prima piccoli cerchi, poi sempre più ampi, a tempo con il respiro affannoso di lei. Si allunga a cercarle i seni, glieli bacia e quando con la lingua si avvicina al capezzolo, lei inarca la schiena, senza respiro dal piacere.
E’ questo il segreto del suo successo. Questo il talento per il quale la chiamano in tanti. Perché è brava, perché i soldi che chiede sono soldi ben spesi, perché la fretta non è una cosa che le piace; e nel suo lavoro è un pregio. Ma soprattutto perché è una puttana che adora scopare.
Me ne sono sempre accorto, fin dalle prime volte. All’inizio non mi dava fastidio. Poi, con l’andare del tempo, qualcosa si è incrinato dentro di me. Mi vedevo come uno dei tanti, fidanzato con una che si porta il lavoro a casa.
E quando si è rimessa a esercitare, nonostante gliel’avessi proibito, ho preso la decisione.
Ho detto a Tony di resistere e di farla venire la prima volta così. Lei non lascia i lavori a metà e se la conosco bene sarà salita a cavalcioni su di lui. Con una mano gliel’avrà tenuto dritto, mentre si sedeva di colpo. Le piace muoversi, libera, vedere l’eccitazione del compagno occasionale. È un gioco d’occhiate; guardare e farsi guardare; dare piacere e riceverlo nella stessa misura. Lui le mette le mani sul sedere e governa il movimento del bacino.
«Posso metterglielo nel culo?» mi aveva chiesto Tony, prima di andarsene. E’ la sua fissa, e me l’aspettavo. Ho alzato le spalle e lui l’ha preso per un sì.
Così lui adesso si sarà alzato in piedi e lei l’avrà guardato con lo sguardo che lascia un piacere interrotto; con il desiderio di riprendere, più forte della curiosità di capire cosa sta succedendo. Questione di un attimo perché è chiaro cosa lui vuole fare. Lei lo asseconda e stringe con le mani le lenzuola e china la testa quando lo sente entrare, di colpo, senza fatica, aiutato dalla voglia che le scorre tra le gambe.
Tony è un amico. E soprattutto un collega.
La gelosia è un particolare tipo di amore; è come se il sentimento puro e pulito che muove due persone nella stessa direzione, venisse oscurato da una trama fitta e densa. E’ come un veleno, che poco per volta ti consuma e ti toglie la ragione.
Se lei non può essere mia, non lo sarà di nessun altro. Questo ho pensato e io, uomo senza legge, ho avuto paura, non potevo rischiare di fallire un’altra volta.
Tony era la persona giusta. Gli ho spiegato cosa fare, gli ho suggerito come farla godere e gli ho regalato una scopata che ricorderà finché vive.
In cambio dell’omicidio della mia amata, mascherato da rapina di un cliente. Un piano perfetto.
Per questo io leggo e aspetto. Aspetto la triste notizia, portata dagli sbirri, e ho già finte lacrime, pronte a ingannare gli agenti. Ho già immaginato tutto. Gli annunci, il lutto, il funerale. Ogni cosa. E non ho fatto fatica perché il dolore che mi porto dentro è reale.
Suona il campanello. Eccoli.
Qualche minuto per non dare l’impressione di essere sveglio, poi verso l’ingresso, a spalancare la porta.
Niente polizia.
Tony. Con la pistola puntata al mio petto.
Sorrido. Anche lui c’è cascato.

1 commento:

Paolo Franchini ha detto...

Non è erotico, ma acchiappa... Anzi, visto l'argomento, direi che ac-chiappa.

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