22 settembre 2009

I me amis

«Le acque del lago di Varese erano ferme. Metà luglio, verso mezzogiorno. Un sole da togliere il fiato, le foglie degli alberi intorno al pontile, immobili. Nemmeno una leggera brezza. Mai visto un lago così.»


Il Rodolfo dà il benvenuto a ogni nuovo arrivato con questa storia. Noi la conosciamo a memoria. Sappiamo dove fa le pause, quando si agita preso dalla foga del racconto o dove si ferma e va spronato per continuare.

«Era il ’36. Io e cinque amici noleggiammo una barca alla Schiranna, diretti a Bodio, a una sagra domenicale in paese. Uno ai remi, gli altri a godersi il viaggio, tra canti e il suono di un’armonica. Spuntò fuori un fiasco di rosso e passò di labbra in labbra per togliere la sete. Nessuno capì come fece la barca a rovesciarsi a duecento metri dalla Madonnina del lido di Bodio. Senza vento, senza onde. Di colpo ci trovammo tutti a mollo. Nessuno capì come fecero dei ragazzi di vent’anni a sparire tra le acque tiepide di luglio e calme come capita di rado. Tutti tranne uno.»

Dillo Rodolfo come hai fatto a salvarti, lo incitiamo.

Lui fa una pausa studiata e spiega in un sussurro complice.

«Son stai i anim de i me amis mort...»

Chi ascolta per la prima volta la sciagura del lago, spalanca gli occhi e lo guarda in cerca di chiarimenti.
E lui gliene dà.

«Venni ripescato da alcuni uomini presenti a riva. Mi rifocillarono e asciugarono. Poi mi accompagnarono a casa, a Masnago, in Cittadella.»

Il Rodolfo arrivò stanco, con le ossa bagnate, con quello sguardo perso nel vuoto che non l’avrebbe più abbandonato. Le labbra si muovevano in una preghiera silenziosa.
Nell’oscurità dell’ingresso molte donne giurarono di aver visto cinque fiammelle verde-celesti danzare veloci sopra la sua testa.

«L’eran i anim de i me amis mort.» ripete in una cantilena. «Le loro ricerche iniziarono subito; furono trovati giorni dopo nella zona dei canneti, dove erano stati trascinati dalla corrente.»

Il Rodolfo non fu mai più lo stesso. A Masnago lo ricordano in tanti, girare terrorizzato dalla pioggia, impegnato in discussioni con spettri imprigionati nella sua testa. Raccogliere mele dagli alberi, lanciarle lungo l’acciottolato davanti alla Cittadella e incitare i bambini a correre per raggiungerle.



Ha resistito 30 anni da quella domenica. Ora ci siamo ritrovati, qui al cimitero, sotto il muro che dà sulla ferrovia.
Dove in inverno il sole batte un caldo pallido e la brina vela di bianco tutta la fila di tombe.
Dove l’acqua nei vasi ghiaccia di notte e non si scioglie mai.
Dove l’abbiamo aspettato con pazienza e vegliato con dolcezza.
Dove non lo lasceremo mai più.

1 commento:

il prof ha detto...

sì, mi piace il prof

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