21 luglio 2009

In vino veritas

“Dottor Scalabrin, venga, le offro da bere”

“Zanatel, lasci stare. Non è il caso”

“Insisto. Se no, mi offendo”

Zanatel era andato al bancone e si era fatto dare una bottiglia di vino e due bicchieri. Era ritornato al tavolo con il passo spedito e il sorriso stampato sul volto.

“Ecco qui. Assaggi, è proprio buono. Corposo. Deciso. Come me, del resto. Alla sua dottore”

“Salute. E così ce l’ha fatta”

Zanatel finì il calice di vino in un solo sorso.

“Già. Non avevo dubbi. Le brucia?”

Scalabrin riempì i due bicchieri. Alzò il suo verso il lampadario. Controluce vedeva il vino farsi più chiaro. Lo fece girare prima di indicare all’altro il secondo brindisi.

“Devo ammettere di si. Ma non si può sempre vincere”

“Lo dico sempre anch’io. Ci sono alti e bassi per tutti. Oggi a me domani a lei”

“E’ stato anche fortunato, Zanatel. Lo ammetta”

“Non c’entra la fortuna commissario. Io ero sicuro del verdetto. Siete voi ad aver sbagliato”

Il silenzio era sceso sui due come un velo di polvere. Piano piano avevano finito la bottiglia e Scalabrin aveva fatto cenno al cameriere di portarne un’altra.

“Alla goccia?” lo sfidò

“Alla goccia”

“E così, Zanatel, secondo lei noi abbiamo sbagliato. E quando?”

“Ma no, io dicevo così per dire. Non era un’accusa la mia. Avete fatto il possibile”

“Ho capito bene cosa ha detto. Sa qualcosa che io ignoro. Salute”

“Salute. Non volevo dire questo, lo sa”

Scalabrin versò l’ultima goccia di vino nel suo bicchiere. Poi girò la bottiglia e ne guardò il fondo.

“Commissario è finita. Ne prendiamo un’altra?”

“Perché no?”

Poi la quarta sostituì la terza. Alla quinta bottiglia la voce dei due si era fatta impastata. Le pause tra una parola e l’altra duravano secondi e le immagini davanti ai loro occhi si muovevano al rallentatore.
“L’ho conosciuto Polin, lo sai?”
“Davvero commissario ? Non me l’hai mai detto”
“Era una persona d’oro. Mi spiace sia morto”
“Era uno stronzo”
“Il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene. Era lui a mandare avanti la baracca”
“Chi va in giro a dire ‘ste cazzate?” chiese Zanatel con la voce roca e nervosa, dopo aver bevuto l’ennesimo bicchiere.
“Tutti i dipendenti. Nessuno escluso. Vogliono dedicargli un’ala dello stabilimento. Morire così. Con la testa spaccata. Che brutta fine”
“Ha avuto la fine che si meritava. A me dovrebbero dedicarmi una statua. Nessuno lo sopportava ‘sto coglione. Ha sempre odiato tutti. Soprattutto me e voleva farmi fuori. Viene a dirmi sei licenziato. Io che mi sono sempre fatto un culo così. Che goduria spaccargli quella testolina di cazzo”
Il commissario Scalabrin si alzò, ancora fermo sulle gambe.

“Era quello che volevo sapere. Zanatel, sei in arresto”

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