5 maggio 2009

La modella

Non ce la faccio più. Sono ferma, immobile da ore con questo sguardo ebete e il braccio destro alzato sul piatto.
Quel matto di un pittore alterna gli occhi su noi e sulla tela. Con il pennello prende del colore dalla tavolozza di legno poggiata sul tavolo e ritocca il quadro.
Abbiamo dovuto vestirci come poveri contadini. Stretti in abiti non nostri, di panno e lana verde e marrone.
Van Gogh ci ha detto l’idea che vuole riprodurre. L’evocazione del lavoro manuale di quella gente persa nei campi dall’alba al tramonto. La schiena spezzata e china, le mani screpolate e rovinate dal gelo e dal caldo. Alla fine mangiano quello che hanno coltivato col sudore e la fatica. Patate cresciute e accudite come figli. Peccato che questi nel piatto siano sassi. E’ senza soldi da troppo tempo per permettersi patate vere. Ho paura non riesca nemmeno a pagarci.
Per rendere meglio l’idea ci siamo anche dovuti truccare. Ho sporcato il mio bel viso di terra e fuliggine. Il difficile è stato dar l’impressione di avere mani vecchie e rugose. Una amica mi ha prestato dei guanti di budello e il risultato è sorprendente.
Anche i miei compagni sono stanchi.
Non invidio l’altra donna, seduta, intenta a versare del caffè da un bricco pesante di rame lucido. Quelle poche volte in cui quel matto di un pittore ci concede una pausa si alza e sfrega in braccio dolorante con vigore.
I due uomini invece sono statue. Non li ho mai visti lamentarsi né un minimo di sofferenza sul loro volto. A fine giornata si alzano dalle loro sedie di paglia, si sgranchiscono i muscoli intorpiditi. Si cambiano i vestiti di scena e se ne vanno insieme con una piccola pipa di radica tra i denti.
La più fortunata è la bimba di fronte a me. E’ vero, è in piedi e non seduta come noi, ma almeno può rilassare il volto. Spesso si diverte a farmi delle boccacce. Un paio di volte sono scoppiata a ridere e Van Gogh è uscito dalla stanza angusta e senza aria dopo aver gettato il pennello a terra e avermi urlato che non ero una professionista.
Ma chi si crede di essere? Io, musa di maestri come Monet e il buon Renoir. Ho accettato solo per fargli un piacere e lui mi tratta così.
Ieri di nascosto ho sbirciato il quadro sotto il lenzuolo. Non c’era nessuno e non ho saputo resistere.
Non è come me lo immaginavo. Cupo e verde e marrone. E i nostri volti sono caricature del nostro aspetto. Io non sono davvero così. Nella sua mente vede la sofferenza dei poveri e la riporta nei nostri sguardi inquieti e spaventati e tormentati.
Questo matto di un pittore non avrà mai successo, credete a me.

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