19 maggio 2009

Illusione di una vittoria

La sveglia illuminava la notte con i suoi numeri rossi, sempre gli stessi; ore immobili nel silenzio di un giorno che non voleva arrivare. Sveglio col cuore in gola, cercava il ricordo di lei, perché i mesi sporcano i particolari e il suo volto aveva i contorni indefiniti del sogno. Il vestito lo stesso di quella domenica pomeriggio, l'ultimo saluto in un angolo della spiaggia, sotto lo sguardo invidioso degli amici. Infradito, canottiera e pareo a nascondere le gambe abbronzate. Il bacio però lo sentiva ancora sulle labbra, lungo e morbido, perché nessuno dei due voleva lasciare l'altro. L'aveva seguita con lo sguardo salire le scale, e quando era sparita dentro l'auto dei genitori, un vuoto improvviso lo aveva lasciato senza fiato, solo, tra la folla di agosto.


L'alba alla fine era arrivata a fatica e via, fuori di casa, zaino sulle spalle; ma la scuola avrebbe fatto a meno di lui per una volta.

Fuori dal finestrino il paesaggio cambiava in fretta, fermata dopo fermata. Guardava l'orologio, le lancette giravano lente e gli sembrava di essere in viaggio da una vita. La tentazione di tornare indietro era forte per il terrore di essere scoperto, di trovarla cambiata, di frantumare il ricordo di un amore a distanza. I dubbi erano stati spazzati via quando aveva sentito il suo nome, chiaro tra il vociare della stazione. Lei gli era corsa incontro e gli aveva afferrato le mani; un attimo di silenzio prima di stringersi in un abbraccio lungo sette mesi.

Lei lo aveva portato con la Vespa a conoscere la città, i luoghi lontani dai turisti, quelli che chiudevano una parte di se stessa che voleva regalargli, insieme ai baci da riportare a casa e tenere in un angolo. Lui la seguiva, mano nella mano, con il fantasma delle ore a inseguirli veloce.

A pranzo, lei gli fece scivolare un biglietto tra le dita. Le due parole gli avevano accelerato il battito del cuore per un momento; si era avvicinato e le aveva sussurrato «Anch'io.» all'orecchio, prima di baciarla sul collo.

La malinconia di un nuovo addio li aveva avvolti sotto un ciliegio acerbo, abbracciati e sdraiati tra l'erba, prima di correre in stazione. L'ultimo bacio lungo il marciapiede, lei immobile tra le lacrime, lui a promettere di ritornare. Era salito sul treno con il desiderio adolescente di fermare la vita di tutti in quell'attimo, tranne che per loro, amanti eterni di pochi mesi. Uno sguardo all'orologio, le lancette giravano veloci e avrebbe dato tutto per qualche ora in più.

Ma il tempo non ha pietà e si prende gioco di noi. Ci governa e non ci da tregua. E a noi, non restano che i ricordi, illusione di una vittoria che vittoria non è.

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