17 febbraio 2009

Nel Pugno della Mano Destra

Nell’aria fredda e umida le anime si accalcavano e si spingevano per timore di restare indietro.
All’interno della montagna l’odore di zolfo e di marcio toglievano il fiato; delle torce alle pareti davano scarsa luce e facevano salire un fumo denso. Una nebbia fitta e spessa saliva dal fiume, velava e nascondeva le pareti scavate nel sasso.
Avvolgeva i viandanti come un mantello e gelava il sangue nelle vene.
Li guardavo parlare distratti, da soli o con quelli che avevano al fianco. Camminavano spinti dalla scia delle altre anime verso un punto dove si intravedeva un pontile di legno.
I pali annegati nell’acqua salmastra sembravano mani che cercano di afferrare un’àncora di salvezza. La passerella dava l’impressione di non riuscire a sopportare il peso di quei passi spaventati.
Ero spinto da ogni lato e stringevo il pugno della mano destra, attento a non perdere quello che portavo con me. Guardavo cattivo chi mi aveva urtato e lo allontanavo con forza con il braccio.
Sentivo parole mischiarsi con altre, mi sfuggiva il senso e il significato di quello che dicevano le anime che mi circondavano. Io continuavo a brevi passi ad avvicinarmi alle acque scure e ferme come inchiostro.
Poi da lontano l’avevo vista arrivare.
Una nave di legno scuro fendeva il fiume. Una sola vela, bianca e strappata, era attorcigliata all’albero di maestra. Un vecchio, pelle e ossa, coperto solo con un mantello nero legato al collo, affondava un lungo remo in acqua, spingendo la nave verso il popolo di anime che attendeva.
Ero riuscito ad avvicinarmi e potevo sentire l’odore di fango e marciume salire dal fiume. Anche a riva il fondale era nascosto dallo scuro delle acque.
Il traghettatore aveva capelli e barba bianca, la pelle grigia e secca. Quello che toglieva il respiro erano gli occhi. Due fessure del colore del sangue o delle fiamme dell’inferno.
Aveva attraccato la barca ai pali del pontile e aveva iniziato la sua opera.
Accoglieva le anime nel suo battello, le strattonava e le ammassava al suo interno. Urlava insulti e bestemmie con la voce roca e metallica.
Non tutti però potevano salire. Alcuni erano colpiti con il remo sui fianchi e fatti cadere in acqua, dove sparivano con lamenti e pianti isterici.
Piano la folla avanzava verso quel demone. La mano sempre chiusa a pugno. Sorridevo; ora avevo capito.
L’anima davanti a me era stata spinta nell’Acheronte senza pietà.
Caronte allungò la mano. Mi fissava dritto negli occhi con quelle sue fiamme che non scaldavano.
Alzai il braccio destro e feci cadere due monete sul suo palmo.
Poi salii sulla barca.

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