13 gennaio 2009

Noia Antica

“Tesoro mi annoio”
Ecco, pensò lui. Come tutte le mattine, puntuale come un orologio svizzero, sempre le stesse tre parole.
“Mi dispiace, amore. Perché non riesci a fare come me e goderti questo paradiso?”
“Perché è monotono. Bello, ma monotono; sempre lo stesso paesaggio. Perché non facciamo un gioco?” chiese con fare supplichevole.
“Va bene. Vuoi giocare a nascondino?” propose lui.
“Neanche per sogno, che l’ultima volta sei scomparso per due giorni. Chissà dove sei sparito. E con chi.”
“Ma dove vuoi che vada?” rispose seccato agitando le mani dall’esasperazione “lo sai che non mi muovo da qui. E poi chi altro dovrebbe esserci? Hai mai visto qualcuno in giro?”
“No, ma a volte sembra che tu non me la racconti giusta”
“Ma dai Eva”
“Va bene, scusa Adamo. Perché non giochiamo a carte? A scopone scientifico per esempio” chiese con le mani giunte in supplica.
“Perché si gioca in quattro, e io non vedo gli altri due”
“Potremmo chiedere a…” e con l’indice indicò in alto.
“Lascia stare. E’ un pezzo che non si fa vedere. E non mi sembra uno che abbia voglia di giocare”
“E il serpente? Potremmo chiedere a lui”
“Certo. Sono curioso di vedere come fa a tenere in mano le carte. Piuttosto, possiamo giocare al lanciatore di coltelli” disse Adamo con un sorrisino sulle labbra e sfregandosi le mani.
“Saresti disposto a rischiare la mia vita?” chiese lei con stupore “vuoi perdere per caso un’altra costola?”
“No Signore, grazie” rispose spaventato toccandosi la cicatrice che si stava rimarginando.
“Sei la solita lagna, Adamo. Vado ai meleti a distrarmi un po’”
Lui cercò di afferrarla.
“Ma tra tutti i posti che ci sono in paradiso, proprio lì vuoi andare?”
“Che colpa ne ho se sono stati creati in collina, dove vedo sorgere e tramontare il sole, dove mi sembra di toccare il cielo con le mani?”
“La verità è che è un posto che ci è vietato. E ogni cosa proibita rende tutto più eccitante e allontana, per poco, la noia”
Senza rispondere, Eva girò i lunghi capelli biondi e Adamo la seguì con lo sguardo finché non la perse di vista.
La raggiunse non molto tempo dopo. La trovò sul melo più alto e più bello, coi rami folti e fitti di frutti e foglie, seduta su un ramo, persa nei propri pensieri.
Poi fu tutto un attimo.
Il serpente sibilando in silenzio si portò a pochi centimetri da Eva che spaventata cacciò un urlo. Si sbilanciò e perse l’equilibrio, cadendo dal ramo.
Non si fece molto male. La presenza del suo compagno lì sotto aveva attutito il colpo.
“Adamo” la sua voce fu un flebile mormorio spaventato e colpevole, mentre guardava cosa si era trovata fra le mani dopo il volo.
Una mela rossa.

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