20 gennaio 2009

Dea alata



Gli occhi, spalancati e languidi, erano due palline tenere. Ti guardavano dentro e iniziavi a capire molte cose.
La prima, che la tua vita sarebbe cambiata.
Era una piuma con i suoi due mesi di cucciolo acerbo. La sua casa, una scatola di cartone prima di una cestina colorata e morbida e un prato dove rincorrere palline e gatti.
La novità d’averla in giro, sentirla tremare tra le braccia e la prima volta in cui il sonno l’aveva rapita come una bimba fragile a pancia in su.
E quella frase semplice e pura, “il tuo primo cane”, apre ancora un angolo di cuore e me la fa guardare con una tenerezza fragile.
Accarezzarla dalle zampette pelose e salire fin sotto al muso e guardarla in estasi per quelle piccole coccole. Scoprire come si arrende per qualche bacio sul collo. Ti guarda e si rotola sulla schiena; le zampe posteriori allungate e quelle davanti aperte in un abbraccio umano.
Prima dell’arrivo la ricerca del nome, in libri inutili regalati per l’occasione. Perché è una scelta tua, un nome resta per sempre. Come un ricordo e non si può scegliere tra mille senza senso.
Alla fine trovarlo, e battezzarla con un bacio tra le orecchie penzolanti e marroni. Nike, dea vittoriosa e alata con i suoi mille motivi segreti.
Vederla crescere con un sorriso furbo, curiosa e irruente verso tutto e tutti.
Rischiare graffi da gatti scorbutici. E noi restare in apprensione per quell’occhio che non sai se tornerà come prima. Diventare infermieri e medicarla. Lei, piccolo batuffolo peloso lasciarsi fare, senza una piega. Fiducia cieca nelle nostre mani.
Obbediente e testarda.
Incapaci di punirla per quello sguardo fragile e disarmante. La voce dura e inflessibile si incrina dopo un attimo, la mano sfiora la testolina per una carezza di scusa.
Vederla correre nei prati dietro alla sua pallina preferita, rossa di corda intrecciata, è una gioia di libertà. Come il vizio recente di fermarsi a brucare, strappare fili d’erba. E rimanere a guardarti con un sorriso umano, sdraiata con le zampe allungate e il fiato corto.
Il suo letto a lato del nostro in compagnia di un fratello di peluche. Dormire con un orecchio al suo respiro affannato quasi un russare leggero e buffo.
Una foto per ogni posa, per ogni momento, per ogni situazione. Come se ogni attimo ogni secondo di vita non dovesse capitare più. Mille foto in un anno. E scoprire che lei è sempre così, meravigliosa e intelligente nelle ore di tutti i giorni.
La paura inutile di vederla ingrassare, piccola e rotonda senza speranza. E accorgersi, invece, di come sia difficile farla mangiare. Lei si nutre d’affetto e non di cibo. Così anche darle poche crocchette diventa un gioco a tre, con lanci e comandi impartiti a volte con solo lo sguardo.
In silenzio, solo con la sua presenza acciambellata vicina, riesce a regalare le stesse coccole che riceve. Lei, piccola stella d’oro di compagnia, con la magia di riempire il vuoto che ogni tanto si forma in noi.

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