23 giugno 2009

Occhi vivi

L'uomo era entrato nel piccolo locale senza motivo.
Aveva superato i tavolini e si era portato verso il bar e aveva preso un bicchiere di vino rosso.
Gli altri clienti del Cavedio stavano in piedi davanti al bancone a parlare e a bere birra e mangiavano stuzzichini messi in appetitosa mostra.
L'uomo dai pantaloni di velluto consumati sul davanti e con una lunga barba, si sentiva a disagio, fuori dal tempo.
Tornò verso l'ingresso.
Guardò i quattro quadri appesi alla parete e si sentì mancare l'aria. Gli occhi dei ritratti lo fissavano muti e imploranti.
Prese una sedia e si lasciò cadere.
Il primo era il volto di una donna. Aveva tratti delicati e dolci ma il nero con cui era stato dipinto lanciava un senso di angoscia. Tutti avevano tinte scure e noir sulle tele, tavole di compensato dalle venature marcate.
Non riusciva a togliere i propri occhi dai loro. Così finti e così veri. Non immaginava fosse possibile dipingere così.
"Le piacciono?"
L'uomo ebbe un sussulto e un po' di vino macchiò di sangue il pavimento.
"L'ho spaventata? Mi scusi"
Un ragazzo alto e castano, con una birra in mano, era in piedi di fianco a lui. Colpivano subito i baffi folti e lunghi sopra un sorriso sincero e divertito. Gli occhi piccoli e chiari guardavano i dipinti.
"Li ha fatti lei?" e chiese l’uomo. Poi gli guardò le mani, grandi e sporche di carbone e olio di lino.
"Sì. Sono omaggi. A chi mi ha colpito o mi lasciato qualcosa dentro. Quella per esempio è Marlene Dietrich"
“Non so chi sia”
“Scusi, ma non ci siamo già incontrati da qualche parte? La sua faccia non mi è nuova”
“Piacere, Gustave Courbet. Un tempo dipingevo anch’io”
“Quel Gustave Courbet? Ma è morto” disse il ragazzo. E fu lui a versare la birra che andò a mischiarsi al rosso del vino.
“Sì. Tanto tempo fa. Quella è mia sorella, vero?” e indicò il quadro centrale, dove una figura spettrale vestita di una sottoveste bianca avanzava a piedi nudi tra la tenebra e la boscaglia.
“Sì è Juliette,‘la sonnambula’. Spero non le dispiaccia. Il suo quadro era unico. Ho voluto riprenderlo visto coi miei occhi”
“Il tuo sguardo, ragazzo, vede al di là delle cose. E’un dono. Io in tanti anni non sono mai riuscito a renderne vivo uno. I tuoi occhi dipinti sono un patto col diavolo”
Finì il vino e si pulì la barba con la manica della giacca.
“Devo andare. E’ stato un piacere conoscerti. Porto Juliette via con me, se non ti dispiace. Abbiamo un po’ di cose da dirci”
Prese il quadro sotto braccio e uscì dal Cavedio.
Samuele Arcangioli rimase in piedi, a bocca aperta, a fissare il vuoto lasciato dal quadro e il fantasma che si allontanava.

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