Al 2015, dunque, con tante novità. E se lo dico io, fidatevi...
BABBO
NATALE E IL CIUCCIO
«Si
è addormentato».
«Era
ora».
«Il
ciuccio?»
«…»
«Gliel’hai
lasciato? Ma quando parlo non mi ascolti!»
«Uno:
non alzare la voce che si sveglia; due: senza quel benedetto ciuccio
farebbe le ore piccole. E noi pure».
«Se
fosse per lui non lo mollerebbe mai. Dobbiamo imporci noi».
«Quindi
gli hai suggerito di regalare il ciuccio a Babbo Natale?»
«Già,
per i bambini poveri che non possono permetterselo. Te l’ha detto?»
«Sì.
E sai che ha risposto? Che se proprio lo vuole, Babbo Natale dovrà
strappargli il ciuccio dai denti».
«A
proposito di Babbo Natale, metti i pacchetti sotto l’albero prima
di addormentarti come l’anno scorso»
Ho
voglia di latte. Stavo sognando di berne un bicchiere stracolmo e mi
sono svegliato. In cucina c’è la luce accesa. Forse è la mamma
che si è alzata per prepararmelo.
Ma
quel tizio non è la mamma. Lei non ha il vestito rosso e la barba
bianca. E poi sta mangiando i biscotti che io e lei abbiamo lasciato
ieri sera per Babbo Natale. Sono quelli secchi che fanno schifo a
papà. A lui però devono piacere proprio, li mangia di gusto.
«Ciao».
«Ciao».
«Buoni
i biscotti, grazie. Dimmi, hai fatto il bravo quest’anno? Li meriti
i regali che mi hai chiesto nella letterina?»
«Ma
certo! Anche la maestra lo dice sempre che sono bravo».
«Se
lo dice la maestra…»
Poi
Babbo Natale indica il ciuccio che penzola attaccato alla catenella
sul pigiama. D’istinto lo afferro e guardo Babbo Natale con
sospetto.
«Quanti
anni hai?»
Gli
mostro la mano con tre dita alzate. Lui sorride tra la barba e
annuisce.
«Anch’io
non potevo farne a meno, lo sai?»
«Questa
è bella! Babbo Natale con il ciuccio. Devo raccontarlo alla mamma».
«Già.
Guai a chi cercava di portarmelo via. Dovevano strapparmelo dai
denti».
Rido
e lui con me.
«Ce
l’hai ancora?»
Scuote
la testa e si fa serio.
«C’era
un bambino che abitava vicino casa mia. Un giorno non trovò più il
suo ciuccio e trascorse non so quanto tempo a piangere dalla
disperazione».
«L’aveva
perso?»
«Rubato!»
sussurra con un fare da cospiratore. «C’è un grande mercato di
ciucci rubati. Be’ non potevo vederlo così e gli ho regalato il
mio».
«E
non ti è dispiaciuto? Non hai pianto?»
«Un
pochino, all’inizio. Ma ero contento perché avevo aiutato un
bambino. Oh, ascolta…»
Si
porta la mano all’orecchio e mi invita a fare lo stesso.
«Lo
senti questo lamento?»
«Sì»
mormoro anche se in realtà non sento niente. Non posso fare brutte
figura con Babbo Natale.
«È
successo ancora» dice. «Hanno rubato un altro ciuccio. Maledetti!»
Poi
mi guarda e so già cosa mi sta per chiedere.
«Il
ciuccio è mio» e arretro di un passo.
Mi
guarda ancora. Questa volta ha un’espressione delusa negli occhi
piccoli e celesti. Mi ha fregato, sospiro. Sgancio la catenella dal
pigiama e metto il ciuccio nella sua mano che mi tende.
«Bravo!
Sono fiero di te. Ora vediamo se sulla slitta ho il regalo che mi hai
chiesto».
Cercano
tra le coperte, sotto al letto. Dal pigiama sono sparite sia la
molletta che la catenella. Nascosto tra i peluche non c’è. Il
ciuccio è scomparso, volatilizzato.
«Dice
che l’ha dato a Babbo Natale».
«Se
lo sarà sognato».
«Il
regalo però è vero».
I
due si stringono nelle spalle senza trovare una risposta.
«In
ogni caso: buon Natale, tesoro».
Si
abbracciano, sorridono e guardano il figlio che, seduto sul tappeto
davanti all’albero illuminato, coccola un micio rosso che fa le
fusa tra le sue braccia.
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