31 marzo 2009

La storia della signora del lago

I miei genitori mi ripetevano di non andare a giocare al lago.

Mi raccontavano storie che ascoltavo con gli occhi sbarrati e pronto a tapparmi le orecchie. La paura era un pugno che mi colpiva dentro e mi toglieva il sonno.

C'erano pesci giganti e ghiotti di bambini dalle guance tonde e i capelli castani come me.

C'erano alghe, capaci di allungare le dita per afferrarti alla gola, tapparti la bocca e avvolgerti come la notte. Con un incantesimo riuscivi a respirare sott'acqua e sentivi le voci che ti chiamavano e vedevi l'ombra delle barche sopra di te.

La storia che mi faceva tremare era quella della Signora del lago. Una dama vissuta quando gli uomini giravano a cavallo con la spada al fianco e in armature che bruciavano sotto il sole. I maghi conoscevano le stelle e le erbe e avevano una pozione per ogni male; tranne la morte.
La peste s'era portata via il suo bambino e la ragione l'aveva abbandonata poco a poco. Vagava per il villaggio e ripeteva il nome del figlio, lo vedeva negli occhi di chiunque incontrasse e parlava con lui nella nebbia fredda del primo mattino.

In un'alba di gennaio la trovarono tra le acque senza più calore nel corpo né parole senza senso.

Per farmi paura mi dicevano che la sua anima era rimasta sotto lo specchio del lago e prendeva chiunque le capitasse a tiro, per tenerlo sempre con se.

Gli anni, gli stessi che mi hanno pettinato i capelli di bianco, avevano steso una patina di grigio su queste storie. Ma l'ho riconosciuta subito la Signora del lago quando l'ho vista davanti. Con i suoi occhi spenti e le lacrime salate che si mischiavano all'acqua dolce. Aveva una veste bianca che si muoveva tra le alborelle, i persici e le carpe.

Mi ha afferrato le gambe e mi ha portato nel suo regno. Ho gridato e l'urlo s'è perso tra le correnti fredde. Ho bevuto e tossito e mi sono divincolato, ma quella mano d'osso, era ferro.

Ha sussurrato il mio nome con una voce di miele e ho smesso di lottare. Mi aspettava e l'ho seguita nel suo mondo dove il sole non scalda e quando la neve cade fitta non colora niente di bianco. Laggiù dove i sogni si mescolano con la realtà e il tempo ha i contorni velati dell'illusione.

Laggiù dove la Signora del lago passeggia senza impronte e ripete senza sosta il nome di suo figlio.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bravo mitico...anche se la grande abbuffata resta il miglior racconto di sempre....e un racconto intitolato le 4 mura di vetro???
...ciao grande...Orgy

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